THALASSA

quei giorni perduti a rincorrere il vento...

5.30.2006

S.P.Q.R.


“Stronzi Proprio Questi Romani!” esplode la mia amica. Nome: Giulia. Località: Garbatella.
Poi mi guarda, sorriso ironico e sopracciglio alzato, a tacere un soddisfatto“te l’avevo detto!”

Va bene, sì, è vero, ci aveva provato ad avvertirmi.
Come sempre. "Non ti fidare, ci caschi sempre, sei troppo buona"

Ma è proprio questo il punto.
Sono io il problema al limite, no?
Non certo gli abitanti di questa città.

Non voglio credere che sia il profumo di Roma a farli sembrare così distanti.
Non voglio credere che sia la gloria di Roma a farli sentire così arroganti.
Non voglio credere che sia il caos di Roma a farli apparire così scostanti.

Però magari un giorno ci provo, a mettere gli occhi su uno straniero di passaggio…che ne dite, capitolini?

5.27.2006

Vedo/Non vedo

“Je ne veux vous voir qu’à travers un immense espoir ..."
PAUL VERLAINE

Non so dove tu sia adesso, e con chi, e perché non con me.
So soltanto che per un istante lunghissimo il mio pensiero è rimasto allacciato al tuo nome.

Occhi incatenati che escludono ogni cosa intorno.
Sorrisi pieni, a cancellare stanchezza, delusione e distanze.
La voglia di scoprire il tuo cuore, la tua anima nuova.
Senza domandarsi perché.

Ti avrei amato, ne sono certa.
Avrei amato soprattutto i tuoi difetti, le tue paure, le tue incertezze.
Se solo tu avessi deciso di condividerle con me.
Senza domandarsi perché.


Così come ho amato, da subito, le tue mani, la tua voce, la tua pelle, il disegno stellato del tuo viso.
Miei per troppo poco tempo.
Inspiegabilmente.



5.25.2006

Turris eburnea


“Viene un giorno in cui, senza averci pensato, si prende d’impulso una decisione…
un’ipotesi soltanto accarezzata d’improvviso chiede di essere tradotta in gesto, in possibilità da verificare:
dentro o fuori, pur di abbandonare quello stato di congetture”

CARLO CASTELLANETA

Notte.
Buio e silenzio.
La città si stende placida ed addormentata, si offre compatta ed irresistibile al suo sguardo.
Lei è affacciata, come ogni notte, indecisa sul da farsi.
Il mondo è là in attesa, eppure qualcosa ancora la trattiene.
Il sogno che lotta con la tranquillità di un passato immobile: qui c’è tutto ciò che è stato e che dà sicurezza.
Ma stavolta è diverso.
Stavolta è la vita che chiama, impaziente, irreversibile, indefinita.

Un ultimo sguardo allo specchio che riflette già un’immagine diversa, sconosciuta.
Le forbici sono lì, pronte.
Un colpo solo, deciso, e la seta scivola su se stessa, morbida e forte, come dev’essere.
E’ un attimo: prima un piede, poi l’altro, oltre il parapetto.
Scivola lenta lungo il muro, aspro e freddo.
L’aria è verde, profuma di terra umida e di foglie nuove, di primavera.

È quasi arrivata, mancano pochi metri.
Ma la treccia è troppo corta.
Un attimo di indecisione, ancora.
Un piccolo salto verso la libertà.
O tornare indietro.
In entrambi i casi, per sempre.

Avesse aspettato ancora un po’, la lunghezza forse sarebbe stata quella giusta…
Forse lui sarebbe arrivato…
E forse sarebbe salito a prenderla tra le sue braccia, nei suoi occhi, per condurla con sé nella luce del giorno…
Troppi forse!
Un dubbio la fa sorridere…decidere.
E se lui soffrisse di vertigini?

Chiude gli occhi e salta in quegli ultimi metri d’ignoto.
Atterra sull’erba morbida, bacia per l’ultima volta le pietre della sua esistenza e scappa, verso la vita.

Andrò io a cercarlo, si ripete, se mi resterà tempo, e fiato.

5.20.2006

AZZURRIamoci la vita!

“Cos’è in fondo quello sport che tanto ci affascina se non il regno della lealtà esercitata all’aria aperta? Tra le regole del gioco, una chiara, scolpita nella pietra:la correttezza!“
FRANCO BERNINI

Mi capita in mano il gioiello di Bernini lo stesso giorno della disfatta morale del calcio italiano.
Lunedì 8 maggio, 2006.
Per scoprire che nel 1898, l’8 maggio cade di domenica, e a Torino 4 squadre in 3 partite, dalla mattina alla sera, si contendono il primo “scudetto” italiano.


Quanti conoscono la data di nascita del nostro campionato?
Pochi, pochissimi, immagino.
C’è una sola giornata che pare degna di nota, in quest’Italia in cui persino la politica priva di storia si è aggrappata, ipocritamente trasversale, agli slogan e ai colori della nazionale.
11 luglio 1982, ventiquattr’ore di azzurro intenso che resiste al logorio del tempo.

Tuttavia, ventiquattro anni dopo, non sarebbe ora di rinfrescarsi un po’ la memoria? Per esempio, io non me lo ricordo il nome del giocatore a sinistra nella foto...

5.15.2006

Il diritto di essere umani


“Per un animo vigoroso nelle reazioni, nulla possiede una virtù tanto esaltante quanto il riconoscere gli errori cui ha la volontà di riparare”
JOSEPH KESSEL

Siete stati recentemente dal vostro psicanalista?
Avete dato uno sguardo alla rubrica in fondo al vostro magazine preferito?
Vi siete imbarcati in una “discussione da ombrellone”con amici e conoscenti?
Se avete risposto “sì” ad una di queste tre domande, di certo non vi sarà sfuggito il must della stagione.
“Adesso cerca di pensare a te stesso”
Qualsiasi sia il problema, sentimentale o professionale, l’incitamento è al self-care.
Perché gli altri sono insensibili e superficiali, e noi invece esseri speciali ed incompresi.
Perché se anche noi, come tutti, abbiamo qualche problema relazionale, è sicuramente colpa della controparte.
Perché oggi bisogna essere “se stessi”, farsi accettare come ci si trova, procedere sicuri del proprio cammino, e ignorare qualsiasi margine di miglioramento.
Ebbene io rivendico il diritto ai miei difetti.
Voglio i dubbi, le paure, le incertezze.
Voglio essere indecisa, insicura, timorosa.
Voglio trovarmi sul ciglio del burrone e rischiare, perché lasciarsi andare potrebbe essere meglio che restare aggrappati.
Voglio confrontarmi con gli altri e capire dove e perché sbaglio e cambiare, se necessario.
Perché mai e poi mai, di fronte all’evidenza dell’errore (e nonostante la solidità del cubo che mi merito…), mi giustificherò dicendo “sono fatta così”.

5.10.2006

Can I introduce you my...cube?

Una notte breve, anacronistica, sospesa nella realtà di tutti i giorni, ripescata tra ricordi di gite scolastiche.
Atmosfera da ultimi posti sull'autobus, letti sfatti, aria d'erba, di libertà, di trasgressione già
annoiata; unica certezza: la carenza d'alcool. Conseguenze: cervello collettivo troppo acceso, l'inevitabile giochino ..."immagina un cubo"...
Chiudo gli occhi e lui è lì, grande, di più, immenso, di più, infinito. Se lanci lo sguardo ti ci perdi in quegli spigoli inarrivabili. Ed è scuro, levigato, perfetto, superficie di specchi che si rincorrono e si difendono...Impossibile capire cosa ci sia all'interno, ma tutto ciò che sta fuori lascia traccia, in un riflesso almeno.

Il mio "ego", sarà la spiegazione.
"C
osì come lo vede il tuo inconscio".
Ma perchè ridurre, ridimensionare, limitare?
Ognuno ha l'"ego" che si merita, no?